Dalla fine di dicembre 2020, la Uil Vicenza ha un nuovo segretario: si tratta di Enrico Bianchi, che aggiunge questo nuovo ruolo confederale a quello ricoperto nella categoria della scuola. La sua nomina è il frutto di una profonda trasformazione in atto nella Uil Veneto, che da settembre scorso ha un nuovo segretario generale, Roberto Toigo, e che nei prossimi mesi completerà un processo di riorganizzazione sul territorio. «Le strutture della Uil Veneto – conferma Bianchi – verranno tutte regionalizzate per accorciare i collegamenti tra la Uil regionale e il territorio. In questo modo la Uil si rafforza e si radica meglio. Il poter condividere strutture, servizi, centri di costo ci permette economie di scala e maggiore efficienza e quindi di investire sulla presenza nel territorio». Una scelta forte in questo momento: «L’emergenza coronavirus non durerà per sempre. Noi dobbiamo farci trovare pronti per la ripartenza. La pandemia ci sta costringendo a contatti virtuali. Per noi, abituati ad essere in mezzo ai lavoratori, è sicuramente un freno. Ma dobbiamo dare l’esempio. Vorrei ricordare che grazie anche allo sforzo del sindacato – che è stato parte attiva nella stesura dei protocolli per il rientro in sicurezza nei posti di lavoro – la quasi totalità delle imprese (96,8%) ha provveduto a sanificare gli ambienti di lavoro e a dotare i propri dipendenti di dispositivi di protezione individuale. D’altro canto, non possiamo dimenticare che sono 4 su 10 le imprese venete che tra marzo e aprile 2020 hanno visto ridursi il fatturato di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un ulteriore 12,6% di imprese venete non ha fatturato nel bimestre osservato. Soltanto il 13,5% delle imprese venete dichiara di non aver avuto alcun particolare effetto sull’attività della propria impresa a causa dell’emergenza sanitaria. Noi quindi dobbiamo esserci, farci trovare pronti e accompagnare le imprese e i lavoratori vicentini fuori dalla crisi». In questo contesto, ci sono alcuni temi prioritari: «Certamente quello principale è quello sanitario. Nonostante la relativa tenuta del sistema, siamo stati la regione che nelle ultime settimane ha avuto il numero più alto di contagi e di vittime da Covid-19 in tutta Italia. Il Veneto ha retto bene la prima ondata di coronavirus, meno la seconda, ma certamente sono emerse fragilità che in situazioni normali non erano evidenti. La rete territoriale fatica a decollare, i servizi per gli anziani pure, la carenza di medici, infermieri e OSS è cronica. Riguarda tutte le età l’irrisolto problema delle liste d’attesa. Visto che nel bilancio della Regione Veneto la sanità assorbe 9,7 miliardi di euro su 17 complessivi, ci si deve aspettare qualcosa di più. Anche il mondo della scuola merita un’attenzione particolare: sia dal punto di vista delle strutture che del personale. Ci siamo ritrovati da un giorno all’altro a doverci inventare la didattica a distanza, con disparità inaccettabili, addirittura tra scuola e scuola. Trasformata dal Ministero dell’Istruzione in DDI (didattica digitale integrata) senza un confronto con le organizzazioni sindacali. La percentuale di giovani NEET tra i 15 e i 29 anni è del 12,4%, mentre quella dei laureati è del 29%. C’è da affrontare il tema della formazione: è legata al nostro mondo produttivo? Abbiamo troppe persone non qualificate o eccessivamente qualificate rispetto alle richieste? Ci dobbiamo interrogare su questo, sull’alternanza scuola lavoro». L’ultima riflessione riguarda cosa può e deve fare il sindacato nei prossimi mesi: «Dobbiamo pensare al futuro. Dobbiamo costruirlo ora. Il Veneto ha chiuso il 2020 con un probabile -9% di PIL, con un centinaio di migliaia di posti di lavoro in meno. È grave voler escludere le organizzazioni sindacali dalla cabina di regia annunciata dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa per discutere della destinazione dei fondi previsti dal Recovery Fund. Abbiamo le nostre proposte per una giusta transizione per il lavoro, il benessere della persona, la giustizia sociale, per una transizione verde dell’economia».