Cgil Cisl e Uil di Rovigo denunciano le contraddizioni della politica e di chi gestisce la sanità. L’emergenza Covid-19 ha finalmente fatto capire agli organi politici nazionali e regionali che per contrastare il virus serve anche il potenziamento della medicina territoriale, aumentando quindi il personale medico e paramedico, con una organizzazione che veda al centro dei progetti il distretto sanitario, i medici di medicina generale, le Usca e le unità territoriali, dove sono operanti le aggregazioni di medici per 12 ore al giorno e per 7 giorni alla settimana.
A supporto di tutto ciò, il Governo e le Regioni hanno stipulato il patto della salute per il periodo 2019-2021. All’interno del patto è prevista la telemedicina. Tale nuovo strumento è stato poi ripreso dalla Regione Veneto con delibera n. 568 del 5 maggio 2020. La telemedicina prevede non solo la possibilità da parte del medico curante di inviare presso le farmacie le ricette elettroniche, ma anche l’esecuzione di alcuni esami strumentali, come ad esempio: elettrocardiogramma, ecografie, visite oculistiche (questo a domicilio o presso il proprio ambulatorio).
Le attrezzature necessarie sono in consegna da parte delle strutture sanitarie ai MMG in questo periodo. Tutto questo limiterebbe l’afflusso presso i Pronto Soccorso e presso gli ambulatori specialistici, evitando gli assembramenti. Si dirà, allora: tutto bene…
Magari! Ora iniziano le note dolenti. È evidente che per realizzare tutto questo serve personale, il paradosso è invece che dobbiamo registrare in Veneto la mancanza di circa 1300 medici e circa 2500 infermieri. Nella nostra azienda sanitaria, nel nostro Polesine, per effetto di una politica che mirava solo al risparmiare, la fotografia delle nostre strutture sanitarie ci fa vedere reparti e specialità notevolmente ridotti, vedi Adria e Trecenta. Dei circa 1300 medici mancanti in Veneto, almeno un centinaio mancano nelle nostre strutture, suddivisi nelle varie specialità. Purtroppo al peggio non c’è mai fine. Registriamo che in una comunità importante del nostro territorio, quale è il comune di Porto Tolle, con circa 10 mila abitanti, da un certo periodo di tempo, 2 medici di medicina generale sono stati collocati in pensione e non ancora sostituiti, pertanto circa 2500 persone si ritrovano senza assistenza di base.
Inoltre il servizio di pediatria non è più garantito a tempo pieno.
Questi disservizi, questi disagi, questo far mancare le più elementari forme di protezione sanitaria, vanno attribuite ad una incapacità di programmazione, ad una incapacità di non sapere per tempo di quanti professionisti necessita il SSN. Non è questa la Sanità che noi vogliamo. Chiediamo semplicemente rispetto, dignità per i cittadini polesani, magari se non è troppo applicare quanto prevede la Costituzione,
Devono essere attivati tutti gli strumenti perché in tempi brevissimi si arrivi alla copertura di tutte le figure professionali necessarie per quel territorio.